NO NAME #6

Restare a guardare in attesa che le cose cambino non è mai positivo, specie per chi ha voglia di fare. Ma è un rischio da mettere in conto anche nei momenti migliori o quando si è a metà di un’opera che si attende con ansia. Il sottoscritto preferisce mandare segnali discreti e mirati nel soddisfare certe passioni, sperando di condividerle al meglio con chi lo capisce davvero. La cultura che prediligo non è esattamente quella sbandierata dai media, spesso e volentieri marchettara; eppure non ci metterebbe molto ad esser denigrata dalla generazione “mi piace”, che in paese vuole soprattutto calciotennis e discoteca. Evidenziare ascolti, visioni e letture preferite è di certo una risorsa se fatto in modo vero e non apparente. L’idea di girare una storia (o meglio, il tentativo di una storia) l’ho creduta possibile perché sarebbe uno spreco lasciar correre tutto e non approfittarne. Stanotte ho sognato un ultimo show del Duca Bianco a Verona: io ero presente pur avendo pagato solo 1/9 del costo del biglietto (e infatti proveranno a cacciarmi, più tardi) quando David inizia a cantare, circondato dalla platea, The last thing you should do. Conviene rinunciare ad un richiamo simile per gli inevitabili silenzi che verranno?

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NUOVI SENTIMENTI

Dal momento in cui ieri è uscito l’ultimo album, l’empatia umana che avvolge Nick Cave affiora ovunque e ascoltando Skeleton Tree non si può fare a meno di ripensare alla tragedia dello scorso anno, ovvero la scomparsa di un figlio adolescente. Ci si chiedeva come avrebbe reagito a un evento simile, consapevole che un esorcismo di tale portata è inevitabilmente doloroso. Ma la maniera in cui ha scelto di farlo è potente, catartica, alla ricerca di una grazia perduta e senza filtri emotivi. L’artista e uomo Nick Cave è cambiato per sempre, e Skeleton Tree diviene così la testimonianza forte e commossa di un lutto inesprimibile. Tutto ciò che non riesce nel mondo reale solo la musica può, anche se “nothing really matters when the one you love is gone”