I miei dieci dischi italiani

10. CCCP Affinità-Divergenze fra il Compagno Togliatti e Noi

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Chissà perché, il culto di Ferretti e Compagni viene fuori sempre ai tempi della scuola. Punk generazionale, prima che politico, ha avuto il grande merito di far vivere una nuova età del Rock in Italia.

 

9. LUCIO DALLA Lucio Dalla

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L’ho sempre considerato uno dei più grandi, pur avendolo vissuto con risultati artistici non esaltanti. L’omonimo disco del ’79 è troppo speciale per non essere in top 10: ballate favolose come Stella di mare, Anna e Marco e L’anno che verrà stanno lì a dimostrarlo.

 

8. SCISMA Rosemary Plexiglas

Li ho riscoperti un anno prima d’una fugace ma indimenticabile reunion, che desideravo come poche altre. Delle grandi band nostrane, gli Scisma furono i più sfortunati e incompresi; poi ascolti Rosemary Plexiglas (e il successivo Armstrong) e pensi a quanti siano stati capaci d’una musica tanto coraggiosa e sorprendente, in Italia e non solo. Davvero pochissimi.

 

7. FRANCESCO DE GREGORI Bufalo Bill

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Avrei potuto scegliere il disco della pecora del ’74, ma Bufalo Bill è stato l’album che mi ha legato ancora di più al Principe del cantautorato. L’uccisione di Babbo Natale, Disastro aereo sul canale di Sicilia e Atlantide sono alcune perle d’autentica poesia.

 

6. CSI Linea Gotica

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Un altro epocale progetto per gli ex CCCP e altro vertice indiscusso del Rock italiano. Racconti di guerra da Sarajevo ad Alba, roghi balcanici e conquiste partigiane in una veste sonica di appassionato fulgore, da Cupe vampe al sublime finale di Irata.

 

5. FRANCO BATTIATO L’Era del Cinghiale Bianco

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Dovrei considerarlo ex-aequo con La Voce del Padrone, che ho consumato di più, però L’Era del Cinghiale Bianco ha un fascino particolare e la maestria compositiva di Franco è già protagonista. E poi c’è Il re del mondo, brano della vita per chi nella musica è in cerca di magia e mistero.

 

4. MASSIMO VOLUME Lungo i Bordi

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Incontrando Mimì Clementi a Frosinone, lo ringraziai per come mi abbia cambiato la vita con il suo gruppo. Non capita spesso di comprare un disco a colpo sicuro e venire travolto, fin dal primo ascolto, da parole forti in cui ti rispecchi nel modo più viscerale, considerando anche il potenziale espressivo delle musiche. Lungo i Bordi è l’album di Rock italiano con i testi migliori di sempre.

 

3. AFTERHOURS Hai Paura del Buio?

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Una pietra miliare che dovrebbe stare nelle case d’ogni cultore. Nel momento di maggior gloria della nostra scena Rock, Manuel Agnelli e soci realizzano un’opera dalle sfaccettature ambiziose, esaltanti, irresistibili. Gli scettici dessero ascolto a Rapace, Pelle, Voglio una pelle splendida, Veleno o Come vorrei, prima di sentenziare su Agnelli.

 

2. FABRIZIO DE ANDRÉ Creuza De Mä

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Se De André è stato da sempre il poeta della canzone italiana, con Creuza De Mä dà il suo notevole contributo anche alla World Music moderna. Tra profumi mediterranei e un genovese dalle inflessioni orientali, è il perfetto disco per un viaggio che non si dimentica.

 

1. LUCIO BATTISTI Il Nostro Caro Angelo

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Dei sette/otto capolavori di Lucio, questo è per qualche strano motivo il meno celebrato. Anni fa ammiravo la copertina e già capivo che all’interno c’era un contenuto musicale irripetibile: La collina dei ciliegi, forse unico brano “tradizionale”, inaugura una scaletta dove il genio battistiano è al massimo della ricerca sonora. Davvero altri tempi quando dischi del genere, in Italia, erano primi in classifica per settimane; inoltre, continua a ricordarmi i momenti un po’ teneri e un po’ sbiaditi nelle migliori gite delle superiori.

10 dischi (4ª parte)

 

40. FRANK ZAPPA Hot Rats

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Solo a voler stare dietro alla discografia completa di Frank, s’impiegherebbero decenni. Ma su Hot Rats, ne sono certo, molti concorderanno se lo reputo da sempre il lavoro più irresistibile e compiuto della sua carriera.

 

39. ROBERT WYATT Rock Bottom

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Una decina d’anni fa sarebbe stato nella mia top 10; ciò non significa che le suggestioni marine di Wyatt abbiano perso di profondità. Anzi, è la giusta raccolta musicale per riemergere da qualsivoglia forma di convalescenza.

 

38. DAVID CROSBY If I Could Only Remember My Name

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Psichedelia distensiva e da tramonto di fine estate, fa spesso leva su canti senza parole dal fascino assicurato. Celebrando una stagione musicale al termine, Crosby si esalta in un manifesto evocativo assieme corale e intimo.

 

37. JOHN CALE Paris 1919

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Se pensate che l’anima dei Velvet Underground sia stata solo quella di Lou, non dovete far altro che recuperare le cose migliori dell’amico-rivale John Cale (soprattutto questo disco) e rendervi conto di come abbia avuto poco da invidiargli, nonostante fosse relegato a un successo di culto.

 

36. U2 The Joshua Tree

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Venduti da tempo al dio dell’hit parade, gli U2 furono tra le band migliori e rispettabili fino a vent’anni fa. Eppure sfido chiunque a non avere in casa il loro vertice assoluto, con una prima parte di scaletta (da Where the streets have no name a Running to stand still) che parla da sola.

 

35. TALK TALK Laughing Stock

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C’è chi preferisce Spirit Of Eden, ma è con il disco seguente che la metamorfosi dei Talk Talk giunge a un livello superiore d’ermetica bellezza. Nonostante gli epigoni, un testamento ineguagliabile.

 

34. STEVIE WONDER Songs In The Key Of Life

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Un doppio album da isola deserta che raggruppa uno Stevie al massimo del suo talento magico e della varietà sonora. E quante canzoni da antologia: mi limito a citare Sir Duke, I wish, Pastime paradise, Isn’t she lovely, If it’s magic e As.

 

33. LOU REED Berlin

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Non bastasse già l’epopea con i Velvet Underground, il poeta oscuro del Rock firma un capolavoro che, all’indomani di Transformer, esalta tormenti ed estasi interiori come pochi altri colleghi.

 

32. LAURA NYRO New York Tendaberry

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Come si può descrivere un album di pura emozione, così atemporale e magnetico da risultare inclassificabile? Davvero complicato, e quella voce clamorosa è un miracolo di rara espressività e potenza.

 

31. GRATEFUL DEAD Live/Dead

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Durante i cento giorni prima della maturità, il mio live preferito è stato lisergico testimone di una notte d’ubriacature e sbornie oramai dimenticate.

Lezioni di chimica

La banda di ricercatori che spaccia droghe legali (smart drugs) torna più potente di prima. Smetto Quando Voglio è stata un’interessante sorpresa per come rinnova la commedia all’italiana sul modello americano di Breaking Bad. Ora, con il seguito Masterclass Sydney Sibilia spinge a fondo sul registro dell’azione e della contaminazione col cinema di genere hollywoodiano, osando una regia dai tempi perfetti e inusuale per i nostri attuali standard (perfino la tecnica del rotoscope è al centro d’una sequenza di puro divertimento). Il gruppo di attori fa il resto, con Edoardo Leo che si conferma tra i migliori nomi della sua generazione, capace di passare dall’ingenuità e dagli equivoci d’un Verdone alle indolenti nevrosi del Moretti anni Ottanta. L’affascinante Greta Scarano, nel ruolo della poliziotta che rispolvera la banda per fini anche personali, è una delle giovani attrici da tenere d’occhio in futuro e poi gli irresistibili Stefano Fresi, Libero De Rienzo e Paolo Calabresi non fanno altro che proseguire sulla scia del primo capitolo. Seppur lasciandosi andare a una dimensione caciarona, il ritmo felicemente indiavolato di Smetto Quando Voglio ripaga di quegli isterismi (tutt’altro che mucciniani, comunque) che gli attori finiscono per avere in virtù d’un affiatamento contagioso. Finalmente si può tornare a vedere un film italiano con l’intrattenimento nel sangue e non la solita commedia piena di banalità e stereotipi. La saga continua…

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