End of a decade

Non posso dire che sia stato l’anno che speravo, ma nemmeno il peggiore. Con il 2019 si chiude un decennio di sicuro importante per me, dove sono diventato (forse) grande alla luce di esperienze, amicizie, eventi e decisioni nel complesso positive. Purtroppo la vita sa essere anche ingiusta e, tra sogni e obiettivi precisi, le amarezze non mancano mai in ogni stagione. Un senso d’inadeguatezza nei confronti degli altri è sempre lì, consapevole però che i veri amici bisogna tenerseli stretti pure nelle incomprensioni. Grazie al cielo, la salute c’è e ancora di più le passioni che mi salvano le giornate dall’oblio, stimolando curiosità verso il bello e i migliori aspetti del nostro mondo corrotto. Musica e cinema, soprattutto, mi guidano verso questa pace dei sensi e certamente la ritengo una fortuna. Almeno finché la realtà non rovini quasi tutto, si può continuare a credere nel futuro.

Il primo desiderio

Il dualismo evocato da Pedro Almodóvar nel suo ultimo film, riguarda una condizione da artista che lo ha messo a dura prova fisicamente e, giunto a un’età di ricordi e retrospettive, non esita a fare i conti col passato: un attore/complice recuperato dopo anni, l’amore giovanile che a teatro si riconosce in un monologo, la vocazione da bambino per il canto, la lettura e il cinema da collezionare, la madre che è riferimento e figura primigenia del desiderio. Antonio Banderas torna ad essere l’alter ego perfetto del regista spagnolo, che dal fondo d’una piscina riemerge in un esilio privato dove i sentimenti sono così forti da ritrovarsi nei colori, al solito vividi e funzionali in Almodóvar, o nei flashback d’infanzia che bussano alla porta dell’ispirazione. Salvador Mallo non esita a sfuggire dal pubblico (in una scena di dibattito via cellulare che è già cult) e s’abbandona all’eroina per alleviare quella via crucis del corpo restituita, in maniera sorprendente, dalle animazioni della parte iniziale. L’amata madre (Penélope Cruz da giovane) la vediamo anche nell’ultimo periodo della sua vita, dove cerca un nuovo contatto col figlio e la purezza emotiva di Almodóvar è di quelle esemplari, come nell’uomo un tempo amato che sale a casa per un’ospitata notturna. Poi c’è il muratore deciso a leggere e scrivere grazie a Salvador bambino, simbolo di un’innocenza sessuale che si riscopre in un disegno pieno d’affetto. Dolor y Gloria è una pellicola di crisi e ritrovamenti, blocchi creativi e fede nell’amore che l’esperto regista guida con mano leggera e sapiente fino a concludere l’azione sul vero set, dove Mallo/Almodóvar ritrova il suo luogo ideale per non accontentarsi di vivere solamente.

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